IMG 20230318 WA0006Da anni intorno al latino si è delineato un discorso che, sovente, ha assunto toni quasi denigratori. L'accusa principale è: "Il latino è una lingua morta". Da qui sono sorti diversi interrogativi sull'utilità o meno dello studio di tale lingua. Tuttavia, questo modo di argomentare piega lo studio di questa disciplina a degli scopi meramente utilitaristici.

Il problema, piuttosto,va spostato su un piano più elevato: la formazione della persona umana si deve fondare solo su discipline che offrono un'immediata fruibilità pratica, o anche (e in primo luogo) su quelle discipline che , in quanto mettono al centro l'uomo, la sua anima e gli interrogativi che l'indagine di questi campi inevitabilmente pone, la "vulgata" chiama "humanae litterae"?.

Chi ha una concezione materialistica e utilitaristica della vita, dissentira' da questa posizione di pensiero. Solo a chi ha la consapevolezza che l'uomo non è unicamente una macchina da produzione ma un essere razionale il cui bene proprio "è l'attività dell'anima secondo virtù " (Aristotele), la rilevanza di tale lingua apparirà chiara.

Il latino, lungi dall'essere una lingua "non usata", continua a vivere, anche dopo aver cessato di essere una lingua nazionale. La sua vitalità si manifesta non solo nell'uso che se ne è continuato a fare dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, ma anche nelle tracce che, in tutti i campi del sapere, il latino ha lasciato di sé nelle lingue e nelle culture moderne: dalle nomenclature scientifiche all'ortografia delle lingue contemporanee, dalle espressioni latine utilizzate ancora oggi al suo uso nella liturgia e nei documenti della Chiesa cattolica.

Il latino è un idioma che esprime radici, è il nostro anello di congiunzione con il passato che conduce l'uomo alla "comprensione del presente", in quanto figlio del passato.

Il suo corpo storico ha un peso importante, conoscere e tramandare la nostra cultura non vuol dire cristallizzare il passato, semmai rimanere ancorati al "continuum" della storia e delle sue innumerevoli forme, per ricordare chi eravamo, da chi e da cosa veniamo, sconfiggendo il demone dell'utilità così opprimente ai giorni nostri.

Da questa presa di coscienza e dalla necessità di recuperare il valore culturale della lingua latina, è nata la decisione delle docenti

di Latino del triennio del Liceo Classico "L. Garofano"di prendere parte al "Certamen Acerranum" che ha avuto luogo il 17 e il 18 Marzo presso il Liceo "Alfonso Maria de' Liguori" di Acerra (Napoli).

La competizione, patrocinata dal Comune di Acerra, dall'Accademia virgiliana di Mantova e dall'Istituto italiano per gli studi filosofici è riservata agli alunni delle classi quarte e quinte dei licei classici e scientifici di tutta Italia,chiamati a tradurre e a commentare un passo delle "Georgiche" di Virgilio.

Sono scesi in campo, quest'anno, ben 70 alunni provenienti da sedici licei italiani che si sono misurati non solo nella traduzione e commento filologico, come si conviene ad ogni Certamen, ma e soprattutto nell' interrogare uno dei più bei testi della lingua latina, cercando in esso nuovi stimoli e spunti per interpretare la realtà, alla luce dei valori culturali e umani che l'opera virgiliana sottende.

Fra i tanti elaborati valutati positivamente dalla commissione, si è distinto quello di Alessandra Di Domenico, alunna della classe V AC la cui preparazione è stata affidata alla prof.ssa Irene De Nuccio del Liceo capuano.

La studentessa ha conquistato il sesto posto ricevendo una menzione di merito dalla Commissione presieduta dal professor Crescenzo Formicola, dell'Università degli studi di Napoli "Federico II".

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