cantine capuaneCento pagine, lette tutte d'un fiato, senza pause. Le ha scritte Elisa Palazzo. Il suo libro:
"Le cantine capuane" è il dono natalizio che Annamaria Troili e Pompeo Pelagalli, nella foto con l'autrice, hanno voluto fare al nostro sapere. Lo abbiamo letto con avidità, la stessa di quando affamati ci si siede a tavola, magari dopo una penitenza. La stessa avidità che si percepisce quando si vuole conoscere il passato, quello dei nostri nonni, a tutti i costi, e l'insistenza diventa foriera di ricerche antropologiche. Quella stessa avidità con la quale si apprezza un buon piatto, di quelli che magari non arricchiscono le pietanze contemporanee e traggono sostegno dalle ricette antiche. E di questo si parla nel percorso enogastronomico che la scrittrice capuana, ha voluto raccogliere nel suo meraviglioso saggio. Tipicità dei luoghi, descritti con dovizia di particolari, ma anche quei prodotti che hanno rappresentato il contado capuano; sono questi gli ingredienti della narrazione. Un caleidoscopio di ricordi, sostenuto da storie e tradizioni della nostra città, dove facevano capolino le cantine, luogo di aggregazione e di socializzazione, dove tra un buon bicchiere di rosso, ed un boccone genuino, si trascorrevano le serate, magari alla luce fioca delle lampade e le immancabili carte da gioco, protagoniste di estenuanti e folkloristiche gare di scopa e tressette.
Le cantine di Capua, dal "Grappolo d'oro" di don Peppe 'a sesca, nella foto principale ndr, sicuramente una delle più longeve, chiuse i battenti sul crinale degli anni sessanta, con don Peppe ottuagenario. Grazie al mensile
Block Notes, diretto da Franco Fierro, nella "civettuola" piazzetta Quadrapane, di via Bartolomeo De Capua, campeggia la targa commemorativa dell'attività commerciale. Poi c'era la cantina di via Santa Maria la Fossa, e le altre, disseminate nel centro cittadino; un itinerario tra tavole semplici con operai, manovali, pescatori del Volturno, i "Ciummaiuoli", persone, insomma, dall' animo semplice, onesto, generoso. Elisa Palazzo, con questo suo lavoro, datato dal tempo, la presentazione nel 2010, ma sempre attuale, mette in risalto con una sequenza ordinata e puntuale, le pietanze semplici della cucina di Capua, lanciando in prospettiva, idee, che, sicuramente, potrebbero risultare identitarie per iniziative finalizzate ad una precisa valorizzazione dell'Agro alimentare del nostro territorio. Allo stesso modo, l'auspicabile ristampa del libro, con qualche aggiornamento.
Ecco allora i piatti, quelli che ricordano le nostre nonne; semplici, nutrienti, ma che lasciano il lettore al ricordo del passato e, perché no, il desiderio di poterli, prima o poi, riassaporare. Il fulcro del racconto rende protagonista, anche, la piazza Etiopia, o commestibili, sede del mercato giornaliero. La foto si riferisce agli anni in cui la piazza era piena di mercanzia. Qui, le bancarelle mettevano in bella mostra i prodotti dei "giardini" : le capuanelle, carciofi tipici delle nostre campagne, ma anche i meloni "capuanielli", i puparulill e ciumm e così via, in una rassegna di ricordi indelebili. E, poi, i piatti, nella loro semplicità, ma trionfale presenza, sulle tavole imbandite, intercalando quella tipicità caratterizzante il desinare quotidiano, con i giorni di festa, dove non si aspettava altro che dare nobiltà a quei banchetti familiari, i cui nuclei popolari, sapevano elevarsi al rango delle più note famiglie presenti nei sontuosi palazzi del centro storico.
Per dirla in breve, se la massima sostiene il detto: "A tavola non si invecchia mai", il libro di Elisa Palazzo, ha reso immortale la tradizione culinaria della nostra città.